È fresca di stampa la notizia sugli allevamenti intensivi e il maltrattamento dei pesci d’allevamento. Il video-denuncia girato dall’organizzazione no-profit Essere Animali è stato pubblicato in esclusiva dal Guardian a fine ottobre e in poco tempo ha fatto il giro del mondo.
Stando alle immagini riprese in incognito in diversi stabilimenti italiani che riforniscono diversi marchi della grande distribuzione, le condizioni di orate, branzini e trote –le specie più richieste dal mercato – sono del tutto simili a ciò che subiscono mucche, maiali e polli negli allevamenti intensivi.
Dopo aver trascorso 18 mesi, il tempo necessario per raggiungere il peso commerciale, stipati in vasche assieme a 300 mila esemplari, i pesci vengono brutalmente prelevati e lasciati morire di asfissia in contenitori pieni di ghiaccio. Sono solo alcune delle orribili pratiche fotografate da Essere Animali che ha lanciato la campagna internazionale #Ancheipesci per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni e chiedere alle grandi catene di supermercati di adottare severe policy a tutela degli animali.
La petizione ha già raccolto oltre 63 mila firme. Il tema sollevato è stato condiviso da numerose Ong europee e americane e non sono mancati diversi europarlamentari che hanno colto l’occasione per aprire un dibattito sulle gravi condizioni in cui vengono allevati e uccisi centinaia di milioni di pesci in tutta Europa.
Nonostante i contenuti scioccanti sul maltrattamento dei pesci d’allevamento diffusi da Essere Animali bisogna riconoscere, e sperare, che si tratti di una visione che non rappresenta nella sua totalità il settore ittico, un mercato che sta acquistando dimensioni sempre più considerevoli. A livello globale, infatti, l’abitudine di mangiare pesce è andata via via aumentando passando da un consumo medio di 9 chili a testa l’anno nel 1991 ai 20 chili attuali. Non stupisce, quindi, che nel 2013, per la prima volta nella storia, i pesci allevati (106 milioni di tonnellate) abbiano superato quelli provenienti dalla pesca (105 milioni di tonnellate).
Gli italiani sono particolarmente ghiotti di pesce: ne consumiamo 28 chili all’anno, tre in più rispetto al resto d’Europa. Una buona notizia per i nutrizionisti che promuovono una dieta ricca di grassi buoni, minerali, proteine e vitamine; un nuovo scenario che dovrebbe imporre ad aziende e consumatori scelte consapevoli e sostenibili. A riprova che l’Italia voglia giocare un ruolo di primo piano nel mercato ittico c’è la nascita di eventi ad hoc, come il Seafood Summit che il 7 novembre ha riunito allo stesso tavolo aziende, istituzioni e mondo retail.
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